Responsabilità del datore di lavoro nel caso di infezione da Covid 19 del lavoratore

Responsabilità del datore di lavoro nel caso di infezione da Covid 19 del lavoratore e articolo 2087 del Codice Civile: compatibilità e difficoltà di applicazione.

Come è noto, viene prevista dal legislatore una responsabilità presunta in capo al datore di lavoro nel caso di infezione da Covid 19 del lavoratore nel contesto aziendale.

La previsione è con tutta evidenza assorbita dalla disciplina dell’art. 2087 cc., atteso che ricorre anche in tale caso l’inversione dall’onere della prova che grava in capo al datore di lavoro per quanto riguarda la prova liberatoria in merito all’elemento soggettivo dell’illecito: la colpa.

Trattasi tuttavia di previsione che risulta essere completamente priva di possibilità di applicazione e fondamento nella maggior parte dei casi, salvo il riferirsi a medici, infermieri ed operatori sanitari in genere per i quali è senza dubbio più agevole, quanto meno in termini probabilistici dimostrare l’elemento oggettivo e il nesso di causa con una eventuale infezione sul lavoro.

Ricordiamo come l’inversione dell’onere della prova di cui all’art. 2087 cc attiene alla colpa del datore di lavoro e non al nesso di causa.

Quanto sopra è in effetti e correttamente previsto dalla norma, tanto che l’illecito del datore di lavoro è configurabile solo nel caso in cui venga accertato che l’infezione sia avvenuta nel luogo di lavoro ovvero in contesti affini ed equiparabili.

Pertanto, in caso di infezione da Covid 19 di un lavoratore di settore diverso dal sanitario dove si potrebbero avere approcci probabilistici, anche qualora a seguito di accertamento dell’autorità emergesse il mancato rispetto delle norme in materia di sicurezza da parte del datore di lavoro, e anche qualora quest’ultimo non fosse in grado di dare la prova liberatoria riferibile al caso fortuito e forza maggiore, è intuitivo che in ogni caso sarebbe una ingiusta forzatura logica ritenere probabile almeno oltre il 50% il nesso di causa preteso in ambito civile per statuire una responsabilità.

Ancora più evidente l’impossibilità giuridica di rilevare la responsabilità in ambito penale, che per essere affermata prevede, e giustamente, addirittura il ricorrere dei presupposti della “alta probabilità logica”.

Invero, in tali casi, il datore di lavoro potrebbe piuttosto essere condannato per la commissione di un cosiddetto “ reato di mero pericolo”, tipico di quei casi dove manca l’oggetto del reato ma sussiste la sola “condotta pericolosa”.

Non intravediamo infatti, nell’esempio sopra riportato, immaginiamo un operatore edile, e salvo il caso di specifici e conclamati focolai di diffusione generalizzata in una particolare azienda, in forza di quale approccio di buon senso e di presunzione, un organo giudicante possa affermare che il lavoratore si sia infettato “probabilmente” sul luogo di lavoro e non andando un sabato mattina a fare la spesa al supermercato.

Inoltre, qualora l’applicazione della norma dovesse “forzatamente” e “demagogicamente” essere ricondotta ad un ipotetico combinato disposto con la responsabilità oggettiva di cui all’art.2050 cc, tipica dell’esercizio delle attività pericolose, le difficoltà giuridiche sopra descritte ricorrerebbero in ogni caso, atteso che l’impossibilità nelle maggior parte dei casi di sostenere il nesso di causa permarrebbe comunque.

Ricordiamo come i principi del nostro diritto sostanziale, non possono essere sopraffatti da alcuna esigenza “emotiva”, e questo anche se la norma viene emanata in un momento storico eccezionale e a prescindere dalle sue finalità dissuasive ovvero politiche di emergenza.

In ultimo, non sono da sottovalutare i dubbi che sorgono in relazione a quali potrebbero essere le risposte da parte della Compagnie di assicurazioni garanti per la responsabilità del datore di lavoro verso i dipendenti, sotto il profilo della coperture “ del rischio”, non solo per le polizze in essere, in relazioni alle quali le eccezioni di garanzia potrebbero essere svariate e in un certo senso anche condivisibili, ma anche in rapporto ai futuri contratti assicurativi al riguardo e relativi costi in punto premi.

 

Andrea Milanesi

Responsabile tecnico

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