Il vero e reale limite di velocità da valutare in caso di sinistro

Il nostro fiduciario ricostruttore cinematico ing. Alfonso Micucci riporta un breve ma efficace riassunto delle varie categorie di limiti di velocità previsti, obblighi di modalità di guida che a volte si tende a semplificare e che, tuttavia, in caso di sinistro, se non rispettati possono influire in modo determinante sulle attribuzioni delle responsabilità. 

Spesso, dinamiche di incidenti stradali che possono sembrare di facile interpretazione ed analisi, rivelano aspetti  molto più complessi e di non facile evidenza ad un non esperto, che fanno spesso emergere la responsabilità anche di chi sembrerebbe avere tenuto una condotta di guida corretta.

Andrea Milanesi

Responsabile tecnico

 

 

Se nella circolazione stradale si verifica un incidente, l’infortunistica Tossani è a disposizione per tutelare gli interessi degli infortunati. È comunque meglio prevenire, ed allo scopo è necessario rispettare i limiti di velocità.

Molti credono che l’unico esistente sia quello massimo previsto dall’art. 142/1 C.d.S. in funzione della categoria di strada: 50 km/h per i centri abitati, 90 km/h per le strade extraurbane, 110 km/h per le strade extraurbane principali (sono quelle a due carreggiate separate con spartitraffico centrale, che somigliano alle autostrade ma sono senza pedaggio), 130 km/h le autostrade.

 

Tuttavia esistono molti più limiti a cui prestare attenzione. In particolare:

– il limite di categoria, che dipende dalla classe di veicolo. È previsto dall’art. 142/3 C.d.S. e contempla, tra l’altro, un limite di 40 km/h per le macchine agricole che circolano su strada, sempreché su ruote pneumatiche, altrimenti si scende a 15 km/h, di 45 km/h per i ciclomotori, di 80 km/h per i quadricicli, per gli autotreni quando girano in autostrada (70 km/h sulle strade extraurbane), di 100 km/h per gli autobus in autostrada (80 km/h fuori dai centri abitati), e così via;

– il limite localizzato, previsto dall’art. 142/2 C.d.S., che consente agli enti proprietari di apporre limiti diversi da quelli standard, in funzione del maggiore (o, più raramente, minore) rischio presente in concreto. È per questo che talvolta, avvicinandosi agli incroci, sulle strade extraurbane si incontrano dei limiti a 70 km/h. Naturalmente, la scelta del valore non è affidata al libero arbitrio dell’ente, ma deve seguire dei rigidi criteri contenuti in un disciplinare, il quale prevede, tra le tante cose, che il limite non possa mai essere inferiore a 30 km/h e che vi sia una transizione graduale;

– il limite prudenziale, che è quello previsto dall’art. 141/3 C.d.S., il quale impone al conducente di autoregolarsi in funzione del maggior rischio presente in concreto, ad esempio per presenza di intersezione, per strada stretta, per orario notturno, su strade fiancheggiate da edifici e per insufficiente visibilità. In quest’ultimo caso, l’art. 141/2 C.d.S. prescrive che ci si debba poter arrestare all’interno del proprio campo di visuale. Quindi, facendo due calcoli, se si è in orario notturno, non vi è pubblica illuminazione e si stanno usando solo i fari anabbaglianti, poiché mediamente la profondità di illuminazione è di circa 40 m, non bisogna eccedere oltre i 50-60 km/h, anche se la strada è extraurbana e non vi sono limiti localizzati.

 

Esiste anche una norma che vieta di circolare a velocità talmente moderata di generare pericolo o intralcio, come ad esempio a 60 km/h in autostrada. Si tratta dell’art. 141/6 C.d.S..

 

In definitiva, in caso di incidente, il mero rispetto del limite massimo non garantisce di essere esenti da colpa, che potrebbe derivare dal non aver rispettato uno degli altri limiti sopra indicati. Ne consegue che esistono possibilità risarcitorie anche quando la velocità mantenuta dal veicolo del responsabile risulta inferiore al limite massimo.

Le valutazioni su questo aspetto sono piuttosto complesse e vengono affidate ai ricostruttori cinematici.

 

Alfonso Micucci

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