Il danno da perdita di chances nella malasanità

Profili di quantificazione e l’imprescindibile supporto della medicina legale al giurista.
Il termine “chances” è sinonimo di possibilità. La perdita di chances ha una esegesi essenzialmente giurisprudenziale e viene identificata come riduzione ovvero eliminazione di possibilità di “buona probabilità di riuscita”.
In ambito medico, la chance consiste nella perdita subìta della possibilità di un incerto risultato finale prospettato dai sanitari.
In particolare, e più nello specifico, ci si riferisce ad una chance “non pretensiva”, ovvero ad un innesto su una situazione preesistente non favorevole e pertanto non riferibile ad una prospettiva di opportunità migliorativa che discende da un pregresso positivo.
Ad esempio, in ambito ospedaliero, il paziente prima dell’intervento si vede rappresentata una situazione negativa che con l’intervento potrà migliorare.
Il potenziale miglioramento consiste nel risultato che si spera di raggiugere, e nell’ambito della perdita di chance, il danno non è mai riferibile alla assenza di quest’ultimo, bensì alla riduzione della possibilità di raggiungerlo.
Pertanto, e ad esempio, nel contesto di un intervento chirurgico non performante a causa di errore medico, se il risultato finale era in ogni caso da ritenersi incerto, il danno consisterà nella preclusione che ha subito la vittima di raggiugerlo, e non nell’esito negativo.
Diversamente, se la medicina legale afferma che un determinato intervento avrebbe portato ad un esito positivo senza grado di incertezza in assenza di errore sanitario, ne consegue che il danno risarcibile sarà il permanere della preesistenza nella sua interezza che non è migliorata, ovvero, in casi addirittura di peggioramento, sarà da cumularsi una voce di danno iatrogeno (cosiddetto “maggior danno”).
Analoghe considerazioni possono svolgersi quando l’exitus è la morte della vittima, circostanza per la quale si parlerà di “perdita di chances di sopravvivenza”, e che prevede necessariamente il determinarsi di due distinte e non sovrapponibili previsioni liquidative dal danno.
La prima consiste, nel caso di errore medico di fronte alla certezza della sopravvivenza finale in assenza dello stesso, nell’analisi di una concorrenza di cause che tenga conto del principio giuridico delle regolarità causale, e sempre in rispetto della proporzionalità adeguata, che potrebbe determinare l’onere del debitore di risarcire il danno da morte ai congiunti della vittima nella sua interezza.
La seconda, nel caso di incertezza del risultato pure a fronte di un corretto operato dei sanitari, nella applicazione appunto dei criteri di calcolo del danno da perdita di chances.
La quantificazione del danno da perdita di chances, manifesta tuttavia delle considerevoli difficoltà quando si rappresenta appunto l’incertezza del risultato, atteso che in tali casi l’entità e l’ammontare del danno dovrà essere rapportato alla percentuale della ipotetica possibilità di raggiungimento.
In detti casi, l’approccio della magistratura giudicante si alterna fra valutazioni di ordine equitativo, oppure in guisa all’applicazione quasi matematica dell’abbattimento del coefficiente di riduzione proporzionato alle presuntive percentuali di probabilità di ottenimento del risultato, indicate dalle consulenze medico-legali di ufficio.
In ogni caso, rileva di fondamentale importanza non confondere le percentuali di abbattimento del coefficiente di riduzione richiamato, con la percentuale probabilistica del “cinquanta per cento più uno”, tipica della disciplina civilistica in ambito di malasanità in generale, principio che afferisce esclusivamente al nesso di causa fra l’errore medico e la assenza di possibilità di raggiugere il risultato.
Pertanto, e al riguardo, è determinante pretendere tale distinguo in primo luogo del medico legale, il quale è tenuto ad affermare in via preliminare e in relazione al nesso eziologico la sostenibilità della risarcibilità di un danno da perdita di chances, evidenziando la probabilità maggioritaria almeno al cinquantuno per cento che qualora i sanitari avessero operato correttamente vi erano delle possibilità di buon esito, e successivamente ad indicare le percentuali residue ipotetiche di raggiungimento ed ottenimento dello stesso.
In difetto di tale indicazione di percentuale residua, una volta affermata la sussistenza del nesso di causa, l’unico approccio sostenibile nel contesto della trattativa per il risarcimento del danno, consisterebbe nella richiesta di una liquidazione piena, che non tenga conto delle proporzioni di chances perdute e che si riferisca alla valorizzazione economica pura del risultato mancato, tesi minoritaria molto più vicina alla perdita di chances in ambito di danno patrimoniale, e in ogni caso sostenuta da alcuni in dottrina.
Tuttavia, è da evidenziare che la realtà e la frequenza del “metodo” utilizzato per la quantificazione in questi casi in ambito di danno non patrimoniale, vede quasi sempre, se si vuole addivenire a soluzioni transattive, l’applicazione dei criteri di abbattimento del coefficiente, e pertanto si suggerisce di esigere sempre tale indicatore di percentuale dal proprio medico legale.
Andrea Milanesi
Responsabile tecnico