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Contagio da emotrasfusione


Contagio da emotrasfusione
20 Febbraio 2019

Perché è responsabilità del Ministero della Salute?

Gli eredi di un uomo deceduto dopo aver contratto il virus dell’epatite C in seguito ad un’emotrasfusione hanno citato in giudizio il Ministero della Salute, considerando tale istituzione colpevole del contagio per negligenza nei controlli del sangue trasfuso.

Il Tribunale però ha respinto la domanda dei parenti: al momento della trasfusione, ovvero nel 1974, non erano ancora note quali fossero le patologie derivanti dalle emotrasfusioni e quindi non sarebbe stato possibile evitare il contagio.
I parenti del contagiato hanno dunque impugnato la sentenza di primo grado, contestando il verdetto del Tribunale dal momento che, secondo la loro tesi, delle norme relative al rischio di contagio ematico erano già in essere nel 1974.

Nonostante ciò, la Corte territoriale ha confermato la sentenza di primo grado, sostenendo che, all’epoca dell’episodio di contagio, la scienza medica non aveva in ogni caso ancora acquisito conoscenza sull’epatite e sul modo di prevenirla.

I parenti della vittima non si sono arresi e hanno portato il caso davanti alla Corte di Cassazione che, nella Sentenza n. 2790/19, depositata il 31 gennaio, ha infine accolto il ricorso degli eredi, riconoscendo la responsabilità del Ministero della Salute.
Secondo gli Ermellini, il Ministero è da ritenersi responsabile dell’accaduto poiché ha commesso la negligenza di non aver attuato alcuna procedura mirate ad evitare i rischi di infezione. Non avendo provveduto a controllare se il sangue fosse stato idoneo per la trasfusione, il Ministero si è reso colpevole di un atto antigiuridico che non ha nulla a che vedere con le conoscenze scientifiche del mondo della medicina al momento in cui è stata effettuata la trasfusione. La Cassazione ha riconosciuto un nesso causale tra l’episodio di somministrazione di sangue infetto in ambiente sanitario e l’insorgere della patologia: questo collegamento tra l’omissione di controllo e l’evento dannoso è da considerarsi, secondo la Corte, l’elemento illecito da valutare ed il fatto non può essere ricondotto alle conoscenze scientifiche dell’epoca.

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